Biografie

Anton Čechov – “La vita è quello che è”​

Anton Čechov - "La vita è quello che è"

Anton Pavlovič Čechov nacque a Taganrog, sul mare d’Azov, il 17 gennaio 1860. Figlio di un droghiere e nipote di un uomo che era stato servo della gleba, compì gli studi liceali nella città natia e si laureò in medicina all’università di Mosca, dove il padre si era trasferito con la famiglia nel 1876, in seguito al fallimento del suo piccolo commercio.

Osservatore acutissimo della vita quotidiana, Čechov cominciò giovanissimo, mentre ancora frequentava l’università, a collaborare a giornali e riviste. Scriveva raccontini umoristici che colpivano per la loro spontaneità e freschezza e li firmava con vari pseudonimi perché si vergognava di quell’attività marginale, che mandava avanti soprattutto per il modesto guadagno che ne ricavava.

Questo curioso esordio in campo letterario fece poi dire a un critico che Čechov aveva cominciato la sua parabola di scrittore con la barzelletta e l’aveva infine conclusa con l’angoscia. Niente di più falso. Čechov, infatti, non mutò mai il proprio atteggiamento verso la vita. Quando un male inesorabile trasformò i suoi giorni in una rapida corsa alla morte, egli non avvolse sé stesso in un “funebre velo”, ma continuò a sorridere come sempre, preoccupandosi soprattutto di non arrecare fastidio agli altri, a chi gli stava vicino.

La verità è che Čechov era uno scrittore senza illusioni. I suoi stessi studi di medicina lo avevano portato a considerare gli uomini come tanti ammalati verso i quali ogni giudizio andava sospeso perché prima di esprimere un giudizio bisognerebbe essere in grado di indicar loro una via di guarigione certa, infallibile. Tuttavia la pietà insita in questo atteggiamento di distaccato scetticismo non significa rinunzia alla diagnosi del male.

Čechov considerava la medicina la “moglie legittima” e la letteratura “l’amante del cuore”. Abbandonò la prima quando si rese drammaticamente conto che con tutta la sua scienza non riusciva a strappare alla morte una bellissima ragazza, ma con la seconda mantenne sempre un rapporto ombroso, poco convinto.

Infatti riteneva di non avere il diritto di chiamarsi veramente scrittore finché non fosse riuscito a scrivere un romanzo e temeva di imbrogliare i lettori perché, a differenza di Lev Tolstoj, non aveva un “messaggio” da comunicare agli uomini. Egli sapeva fare una cosa sola: descrivere il lento, monotono fluire della vita, senza preoccuparsi di trovarvi un senso qualsiasi. Ma quale senso, poi? La vita, sembra suggerire Čechov, è quello che è e basta. Tutto ciò che possiamo fare è “ascoltarla” dentro di noi, negli altri, nelle cose.

Non a caso, Čechov sosteneva che per fare un buon racconto bisognerebbe sempre creare una storia dalla quale fosse poi possibile togliere il principio e la fine. Questo perché la vita, che in definitiva è l’oggetto di ogni autentica rappresentazione artistica, non comincia e non finisce mai.

Ora, se teniamo conto di tale premessa, non facciamo alcuna fatica ad accorgerci che il romanzo a cui credeva in buona fede di essere negato in realtà Cechov lo scriveva con i suoi racconti. Essi infatti non sono altro che i capitoli staccati, senza principio e senza fine, di quell’immensa storia, o romanzo che dir si voglia, che è la vita quotidiana del popolo russo alla fine dell’Ottocento.
A questo romanzo appartengono di diritto anche le commedie di Čechov che rappresentano un tentativo veramente nuovo di concepire il teatro. Tutto il bagaglio altisonante del teatro ottocentesco, le sue convenzioni, i suoi miti, i suoi trucchi, sono spazzati via da Čechov con un colpo di spugna che è il frutto di un’audacia incredibile. Ma il gesto rivoluzionario ha uno scopo ben preciso: portare la vita direttamente sul palcoscenico.

In una conversazione con il poeta Sergey Gorodeckiy, Čechov così si espresse, ripetendo quasi le parole che nella commedia “Il gabbiano” aveva messo sulle labbra del giovane drammaturgo Treplev: “Si esigono eroi, eroismo, ed eroismo che produca effetti scenici. Pure nella vita non si spara, non ci si impicca, non si dichiara il proprio amore e non si enunciano pensieri profondi tutti i giorni e a getto continuo. No, quasi sempre nella vita si mangia, si beve, si fa all’amore, si dicono delle sciocchezze. È tutto questo che si deve vedere sul palcoscenico. Bisogna scrivere una commedia in cui le persone vanno, vengono, pranzano, parlano della pioggia e del sole, giocano alle carte non per volontà dell’autore, ma perché tutto questo avviene nella vita reale. Naturalismo alla Zola? No, né naturalismo né realismo. Bisogna lasciare la vita qual è, gli uomini quali sono, veri e non gonfi di retorica”.

Il primo esempio di commedia in cui la vita è rappresentata qual è, è Il gabbiano che Čechov, già famosissimo come narratore, fece rappresentare al Teatro Aleksandrinskij di Pietroburgo il 17 ottobre 1896. Fu un fiasco colossale, che indusse Čechov a meditare seriamente sulle proprie qualità drammatiche. Al solito, egli arrivò a dubitare profondamente di sé stesso. Ma due anni dopo venne la rivincita. Il Teatro d’Arte di Mosca, fondato nel 1897 da Stanislavskij e Nemirovič-Dančenko, ripropose la commedia ottenendo un successo clamoroso di pubblico e di critica. Il gabbiano è la commedia più scopertamente autobiografica. Čechov vi rappresenta sé stesso, descrivendosi sia in Trigorin, il romanziere arrivato, sia in Treplev, il drammaturgo rivoluzionario. I temi della commedia sono l’arte e l’amore, che però si esauriscono in nulla per il semplice motivo che Cechov vuole rappresentare la vita nel suo lento fluire, non proclamare messaggi, dare soluzioni.

Sullo slancio di questa decisiva affermazione, il 26 ottobre 1899 Čechov acconsentì a che il medesimo Teatro d’Arte mettesse in scena una sua nuova commedia, Lo Zio Vanja, che confermò il successo conquistato con Il gabbiano. Alla fortuna della commedia contribuì in larga misura la giovane attrice Ol’ga Leonardovna Knipper, che diede una interpretazione mirabile del personaggio di Elena Andreevna. Nello Zio Vanja è rappresentato mirabilmente il tema tipicamente cechoviano della vita che assiste indifferente al consumarsi della tragedia degli nomini. È il dramma della vanità delle cose, della vanità delle passioni umane, dell’impossibilità dei personaggi a uscire dalla prigione del proprio destino.

È, per Čechov, il momento della gloria teatrale. Benché gravemente ammalato di tubercolosi, il 25 maggio 1901 egli sposa Ol’ga Knipper e scrive per lei e per il Teatro d’Arte la stupenda commedia Il giardino dei ciliegi, che viene trionfalmente rappresentata il 17 gennaio 1904. Il giardino dei ciliegi è un po’ la somma dell’arte drammatica di Čechov. Una famiglia aristocratica è costretta dai debiti a vendere il meraviglioso giardino che è il suo orgoglio. Invano i protagonisti della commedia cercano di impedire che la catastrofe si compia. Alla fine rinunciano alla lotta e si allontanano, inseguiti dai rombi cupi dei colpi di scure che si abbattono sui ciliegi. Ma non è solo il loro giardino privato che scompare, la loro felicità: la commedia è in realtà un patetico e struggente canto funebre sulla vecchia Russia che anch’essa sta per scomparire, sotto i colpi di maglio della rivoluzione ormai imminente.

Nemmeno sei mesi dopo, il 2 luglio 1904, Anton Pavlovic Čechov si spegne a Badenweiler, in Germania, dove i medici lo hanno mandato nell’illusione di trovare un rimedio al suo male. Prima di chiudere gli occhi per sempre egli chiede un bicchiere di champagne e lo vuota lentamente.

Il teatro di Čechov è un teatro essenzialmente lirico. La trama delle commedie, infatti, è ridotta quasi a nulla. Gli avvenimenti più spettacolari della vita dei personaggi accadono fuori della scena. All’azione vera e propria Čechov sostituisce la rappresentazione sommessa di una serie di stati d’animo. Di conseguenza, nessuno si chiede come va fa a finire la vicenda che viene rappresentata sulla scena. I fatti che bisogna sapere o sono dati come già avvenuti o sono detti all’inizio della commedia. Lo spettacolo a cui gli Spettatori sono chiamati ad assistere è solo quello immediato di un momento della vita di alcuni personaggi.

× Chatta con ANIME!